18 ottobre 2005

Niente cambierà mai o cambia tutto troppo velocemente?

Niente cambierà mai o cambia tutto troppo velocemente? Può essere una questione di punti di vista. Il cambiamento ha a che fare col tempo, ed il tempo, si sa, è relativo. In realtà il problema è molto meno superficiale di quello che sembri. Credere in un'evoluzione delle cose, o nella staticità del tutto, è indice delle due visioni fondamentali della vita. Nella filosofia antica il filosofo della staticità, del "Nulla cambia", dell'essere puro e in un certo senso statico ,è Parmenide di Elea. Il rappresentante filosofico del "Tutto scorre" risponde invece al nome di Eraclito.

Il primo sosteneva che, nonostante le apparenze di mutabilità, il vero essere è fermo ed immobile. Un suo seguace e compaesano, Zenone, inventò il famoso esempio di Achille e la tartaruga: date a una tartaruga un metro di vantaggio rispetto ad Achille, comandate lo start ed ecco che… il Pelide non raggiungerà mai il lento animaletto, perché per raggiungerlo dovrebbe percorrere metà della distanza, poi un'altra metà, poi metà della metà… e così via. Si potrebbe facilmente obbiettare che la realtà è un'altra cosa. Anche uno zoppo raggiungerebbe in pochi passi la tartaruga. Ma Parmenide dice che solo pochi vedono la vera realtà, gli altri sono solo "gente dalla doppia testa", che non sa distinguere il non essere dall'essere.

Da parte sua Eraclito dice invece che tutto scorre. Il principio delle cose è il divenire. Non ci si tuffa mai due volte nello stesso fiume. Chi non si rende conto dell'eterno mutare delle cose, per Eraclito è un "dormiente". I filosofi invece sono svegli e si rendono conto del meccanismo che muove la realtà mutevole.

E io? Da che parte sto? Purtroppo quasi sempre sto tra le rughe della faccia dura e severa di Eraclito. Troppe cose mi girano intorno, troppe fate mutano in streghe, troppe mani carezzano e poi graffiano, troppi occhi brillano e poi piangono. In fisica la chiamano entropia: il disordine dell'universo è in continuo aumento. Non c'è pausa.
D'altra parte il mio lato parmenideo non è mai del tutto sopito: il desiderare una sospensione, un'illuminazione, un attimo di pace, l'estasi-silenzio in cui guardare con distacco il mondo e vederlo girare. Forse dovrei trasferirmi sulla luna, tra il senno di Orlando e l'impronta di Armstrong. Solo da un punto statico si può gustare il divenire. Forse dal lassù ne capirei il significato. Forse lassù troverei anche qualche discepolo di Eraclito che mi bollerebbe come dormiente: niente di male, gli russerei in faccia. Ma so già che dopo qualche istante, un demone dispettoso mi ricaccerebbe giù, nel girone del carnevale, dove tutto danza, dove i costumi cambiano, i cuori si infrangono e si rigenerano, le tre Parche filano, e i filosofi dibattono.

Perché niente cambierà in tutto questo mutare troppo veloce.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Niente cambierà mai: le cose sono sempre le stesse, i meccanismi sempre
quelli.
La storia si ripete.

S.